mercoledì 17 novembre 2010

Principi e sovrani... nonché onorevoli

Tratto da "L'Elogio della follia" di Erasmo da Rotterdam, scritto nel 1508. Ditemi un po' se non vi ricorda qualcosa o qualcuno...

"E' da un po' di tempo che mi solletica l'idea di rendere giustizia ai re e ai principi. Se avessero anche solo un'oncia di senno si renderebbero conto di quanto triste e penoso sia il loro destino. No, nessuno cercherebbe di accaparrarsi un trono anche a costo di spergiuri e parricidi se valutasse per bene la gravità del fardello che il sovrano si carica sulle spalle.
Chi governa non deve curarsi solo delle sue faccende private, ma soprattutto degli affari pubblici, ai quali deve dedicare tutte le sue energie. Non può scostarsi di un mignolo dalle leggi che egli stesso ha promulgato e che è compito suo far osservare [...]. Deve ricordare in ogni momento che agli occhi di tutta la popolazione egli è un astro benefico; il suo corretto comportamento è garanzia di benessere generale, mentre un contegno opposto può avere conseguenze catastrofiche. Gli errori commessi dalla gente qualunque non hanno conseguenze così rilevanti e diffuse; basta però che il principe si allontani dalla retta via e la corruzione morale serpeggia nel cuore di parecchi cittadini. La condizione privilegiata del principe offre numerose tentazioni di allontanarsi da ciò che è considerato il bene pubblico: per esempio il piacere , la libertà, l'adulazione, il lusso possono tentarlo, nonostante si dedichi alacremente al suo lavoro e faccia di tutto per non lasciarsi fuorviare da quello che è il suo dovere. [...].
Bene, se un principe prendesse in considerazione tutto questo e altre simili problematiche del suo ruolo, perderebbe il sonno e l'appetito. Invece, grazie a me, [la follia] i principi rimettono agli dei tutte queste preoccupazioni. Badano piuttosto a passarsela bene e ad ascoltare solo chi porta loro buone notizie, onde evitare di guastarsi l'umore con pensieri tristi. Credono di assolvere pienamente le funzioni del loro rango dedicandosi con passione alla caccia, allevando cavalli di razza, vendendo a caro prezzo cariche e onoreficienze, inventando quotidianamente nuovi stratagemmi per appropriarsi del patrimonio dei sudditi e trasferirlo nei loro forzieri, adducendo i più svariati pretesti per dare una parvenza di giustizia alla frode che essi operano e curandosi di agire con un poco di adulazione, per attirarsi le simpatie del popolo.
Provate a immaginare, signori miei, un uomo che non capisce nulla di legge (è così che sono in genere i sovrani), che bada solo al suo profitto personale, si dedica al divertimento, odia la cultura, la libertà e la verità, non ha alcun interesse per il bene comune, giudica solo per capriccio o in base al suo interesse..."

lunedì 1 marzo 2010

Dove forse era un sogno ma sonno non era...

Una bolla. Tutto ciò che è rimasto in me di questa punta del mondo, di questo viaggio. Un sogno. Dormi e qualcosa ti porta completamente fuori dalla realtà, in mondi totalmente diversi e talvolta contraddittori. Poi ti svegli, pensi "Caspita che sogno! Mi ha davvero impressionata e agitata!" e infine riprendi la tua vita quotidiana come se niente fosse stato. Questo è stato il viaggio in Cile. Avrei voluto tornare cambiata, ma evidentemente un mese non basta. Ed è stato tutto così diverso e strano che sembra quasi irreale, se non ci fosse Aldo a confermarmelo, penserei che mi sono immaginata tutto. E la cosa più triste è che ora quel paese è stravolto, distrutto. Come se la Natura avesse voluto cancellare le prove. (E in verità non faccio fatica a credere che voglia cancellare le prove con ogni terremoto nel mondo cercando di inabissare l'umanità che tanto male le sta facendo)
Se tornassi là nulla sarebbe come è stato solo due mesi fa e questo non fa altro che accentuare questa mia sensazione di irrealtà. Invece che trovare risposte ho trovato nuovi dubbi. Ci sono talmente tanti nodi tutti insieme che non riesco a trovare il modo ed il tempo per scioglierli.

Auguro a tutti i cileni che mi hanno accolta, accettata, che mi hanno sorriso, dato da mangiare e da dormire di essere felici e di superare questo brutto momento nel migliore dei modi, tenete duro e non fate appassire quei fiori che anche se crollasse tutto il mondo vi caratterizzeranno come persone meravigliose impresse per sempre nel cuore di una giovane italiana poco significante.

Se una notte d'inverno una viaggiatrice...

Carissimo,
siamo a Capodanno, circostanza che segna un anno dalla nostra conoscenza e data impossibile da dimenticare, ora per un motivo in più.In questo anno la vita di entrambi è stata sconvolta dai cambiamenti e questo da un lato permette di viverla intensamente e di tenere lontana la sensazione di starla sprecando. D'altra parte, almeno per me, è stato un pò disorientante e mi ha fatto perdere degli equilibri che avevo da poco conquistato e ci vorrà ancora un pò di tempo prima che possa riacquistarli. Intanto continuo a vivere, perché questo c'è da fare nella vita. E cerco il più possibile di essere felice, tra tutte le emozioni che mi sbattono di qua e di là, che mi fanno ridere e piangere, e condividendo ora questa vita con te.Quest'esperienza in Cile è stata meravigliosa per me e ti ringrazio per avermela fatta vivere con grande intensità, riempiendomi le vene ed il respiro di quest'atmosfera così diversa, di questa gente calorosa, di questi cani liberi per strada, di questo Natale e Capodanno in piena estate, di mare, pellicani, lupi di mare, alghe e acqua gelida indimenticabili, oceano e vento che ti scuotono l'anima e per quanto io mi sia lamentata per il freddo, mi sono comunque meravigliata per la voce diversa che ha la Naturain questo altro lato del mondo. Ti ringrazio perché con questo viaggio ho avuto modo di vivere davvero il presente, cosa di cui avevo tanto bisogno perché da troppo tempo vivevo proiettata nei cattivi ricordi del passato o nelle aspettative del futuro, non riuscivo più a raccogliere il succo del presente, unico succo che dà un senso alla vita.Vivendo così tanto il presente, non ho avuto modo di pensare con lucidità a quello che questo viaggio mi sta lasciando dentro, e credo che questa cosa la elaborerò in Italia e mi darà ulteriori motivi per essere meravigliata. [...]

Il resto della lettera non è informazione pubblica.

venerdì 30 ottobre 2009

Solitudine

Ma le mie urla
feriscono
come fulmini
la campana fioca
del cielo

Sprofondano
impaurite


G. Ungaretti
Presto tornerò a scrivere
forse ad amare
forse a ridere con nei polmoni un sospiro di sollievo che attendo da tempo
Grazie a tutti quelli che sanno tenermi stretta nonostante io non stia ferma
Manuci

martedì 17 febbraio 2009

Bisogna scegliere: riposarsi o essere liberi

"La politica è uno strano mestiere perché presuppone due capacità che non hanno tra loro nessun rapporto intrinseco. La prima è la capacità di accedere al potere. Se non si accede al potere, le migliori idee del mondo non servono a nulla; perciò è necessaria l'arte dell'accesso al potere. La seconda capacità è quella di saper governare, una volta conquistato il potere.
Nulla garantisce che chi è in grado di governare sappia anche accedere al potere. Nella monarchia assoluta, per accedere al potere bisognava adulare il re [...]. Oggi, nella nostra pseudodemocrazia quello che serve è invece essere telegenici e avere fiuto per l'opinione pubblica.
Se dico pseudodemocrazia è perché ho sempre pensato che la cosiddetta democrazia rappresentativa non sia una vera democrazia. Lo aveva detto anche Jean-Jacques Rousseau: gli inglesi si credono liberi perché eleggono i loro rappresentanti ogni cinque anni. Ma sono liberi un solo giorno in cinque anni, il giorno delle elezioni: tutto qui. Non che le elezioni siano truccate, che vi sia qualche imbroglio nelle urne; Sono truccate perché le opinioni sono predefinite. Nessuno ha chiesto al popolo su che cosa vuole votare. Gli si dice: "Votate in favore di Maastricht o contro". Ma chi ha fatto il trattato di Maastricht? Non certo il popolo. C'è una meravigliosa frase di Aristotele: "Chi è cittadino? E' cittadino colui che è capace di governare e di essere governato".
Ci sono sessanta milioni di cittadini in Francia. Perché non dovrebbero essere capaci di governare? Perché tutta la vita politica mira precisamente a farglielo disimparare, a convincerli che i problemi debbano essere affidati agli esperti. Esiste dunque una controeducazione politica. Mentre ciascuno dovrebbe abituarsi a esercitare ogni sorta di responsabilità e a prendere iniziative, si viene invece abituati a seguire, o a votare opzioni presentate da altri. E qual è il risultato? Dato che la gente non è affatto idiota, è sempre meno disposta a credere, diventa sempre più cinica. 
[...] Si sono dissolte le grandi ideologie politiche, oggi domina la rassegnazione. E non se ne uscirà se non risorgerà una vera, vigorosa critica del sistema e se non vi sarà una rinascita dell'impegno, della partecipazione della gente.
[...] Tutti sono capaci di governare, la politica non è materia da specialisti. Non esiste una scienza della politica. Esiste un'opinione, la doxa dei greci, ma non un epistème, una scienza. L'idea che non vi siano specialisti della politica e che le opinioni si equivalgano è la sola giustificazione ragionevole del prinicipio maggioritario. Per esempio, presso i greci, il popolo decide, e i magistrati sono sorteggiati o designati a rotazione. Quanto alle attività specializzate, costruzione di cantieri navali o di templi, operazioni belliche, c'è bisogno di specialisti; i quali vengono eletti. Sono queste le elezioni.
Elezione vuol dire "scelta dei migliori". E' qui che interviene l'educazione del popolo. Bisogna che sia coltivata la doxa. E come può essere coltivata una doxa che riguardi il governo? Governando. Dunque la democrazia è una questione di educazione dei cittadini, che oggi non esiste affatto. I deputati, gente che viene chiamata continuamente a decidere, sono asserviti ai loro tecnici, dispongono dei loro esperti, ma hanno anche pregiudizi e preferenze. Se si segue da vicino il funzionamento di un governo, si nota che i dirigenti non si fidano degli esperti, ma scelgono tra questi coloro che condividono le loro opinioni. E' un gioco completamente stupido, ma è in questo modo che siamo governati.
Le attuali istituzioni respingono la gente, l'allontanano, la dissuadono dal partecipare alla politica. Mentre la migliore educazione alla politica è la partecipazione attiva. La gente oggi è molto più scettica e critica, ma è anche più inibita quando si tratta di agire. Nel suo discorso agli ateniesi, Pericle disse: "Solo noi siamo capaci di riflessione senza essere inibiti nell'azione, gli altri o non riflettono, e allora sono temerari e commettono assurdità, oppure, riflettendo, finiscono per non far nulla, perché pensano che se esiste un discorso esiste anche il suo opposto".

Cornelius Castoriadis

lunedì 26 gennaio 2009

Brindisi

Comprendo assai bene quello che dici
non è proprio facile essere felici
eppure durante la guerra mondiale
dentro gli spazi in cui la vita non vale
quando perfino una carezza fa male,
laggiù ho trovato qualcosa da fare:
ho trovato momenti per fermarsi e brindare.

 E allora brindiamo ad ogni giorno
che ci bagna e ci asciuga e ci gira intorno.
Brindiamo al freddo e al caldo torrido
che non ci lasceranno accomodare nel morbido.
Brindiamo alla terra e al suo perfido gioco
di girare ora troppo, ora troppo poco.
Brindiamo all’ironia che c’è al funerale
di qualcuno che è morto in maniera anormale.
Brindiamo alla carcassa marcia della guerra
che nel fosso dietro casa puntualmente si sotterra.
Brindiamo alla vita che non avrà fine
finché il corpo alla natura farà da concime.
Brindiamo al veleno nel midollo del cuore
che pulsa ma ormai non dà più dolore.
Brindiamo all’utopia da qui dovremmo guarire
ma non ci dà la forza di non lasciarci morire?
Brindiamo a ciò che vede il cieco, a ciò che sente il sordo
ai passi dello zoppo, a chi di botte è ingordo.
Brindiamo anche all’amore, ma solo quello che fa male
quando un bacio per uno è vita e per l’altro è normale.
Brindiamo al Dio degli atei, che tanto so che esiste
brindiamo al comminare che stanca ma persiste.
Brindiamo a tutto quello che meno ci conviene
a tutto il sangue sporco che scorre nelle vene.

Non so precisamente cosa c’è in questo bicchiere,
se vino, anestetico o succo di tristezza
ma se tu unisci a me sarà un gran piacere
alzare questo calice e goderne l’ebbrezza.

Manuci

martedì 20 gennaio 2009

Come stai? Come d'autunno gli alberi le foglie


Trovo che la cultura occidentale renda la gente oltremodo autolesionista. Si parla con una certa commiserazione dei kamikaze ma non ci si rende conto di quanto noi ci logoriamo rendendoci morti prima ancora di morire, tutto per essere fedeli a principi culturali annichilenti, cosa che non è affatto migliore dell'essere fedeli in modo così estremo ad una religione. Sono entrambe strade sbagliate che portano alla distruzione dell'io.

Nel nostro caso, si parte già dalla quotidianità con il logorio. Quando si incontra qualcuno che si conosce ma con cui non si ha molta confidenza e scatta il: "Come stai?" non perché alla persona importi seriamente, ma perché bisogna per forza dire qualcosa. Ma in realtà non si ha affatto voglia di parlare e allora si spera che l'altra persona risponda "Bene e tu?" per non dover fare altre domande. Già, perché se stai bene nessuno ti chiede: "Perché stai bene?", come se il bene fosse una condizione di normalità rispetto al male. Tutta una catena di non sensi che sono assolutamente quotidiani. Sentiamo il peso del silenzio e dobbiamo per forza parlare ma poi cerchiamo le gabole per non parlare troppo. Quando invece il discorso si fa continuativo perché, sfortunatamente per noi, l'altro ha voglia di parlare e quindi ci risponde "Non tanto bene" oppure "Eh, hai visto che tempo?" ecco che scattano i discorsi futili che affaticano le corde vocali e rubano ossigeno per niente. Il tempo, i giovani d'oggi, oppure (questo più nel caso delle persone anziane) il reciproco elenco delle proprie disgrazie e vince chi c'è l'ha più lungo.
Sarò io in realtà ad avere dei problemi... Faccio una fatica abnorme a parlare del più e del meno perché credo che in fondo la vita sia corta non ci si possa permettere di sprecarla con simili futilità. E fatico anche a chiedere: "Come stai?" o a rispondere. Solitamente, quando capisco che me ne importa realmente dello stato d'animo di una persona le chiedo: “Sei felice?” ed ho notato che questo colpisce molto le persone, non tanto per la diversa formulazione, quanto perché colgono che sono state davvero prese di mira nel profondo e che hanno davanti qualcuno a cui sta a cuore la loro felicità. Ci renderebbe tutti più sereni e meno ansiosi mettere al bando questa forma particolare di ipocrisia, non parlare per forza se non si ha voglia, e non considerare un maleducato l'altro se non si comporta in un certo falso modo.

Quando invece la gente ha una gran voglia di parlare, in questo tripudio di non senso c’è il grande argomento dei pettegolezzi e delle disgrazie altrui. E’ incredibile. Spesso non ci importa nulla di ciò che sente la persona che sta di fronte a noi, mi in compenso sappiamo fin nei minimi dettagli (anche se ciò non significa che sappiamo la verità) ciò che succede agli altri, com’è la loro vita, la loro famiglia e cosa provano quando succede loro qualche cosa di brutto. E più la cosa è triste, più la gente ne parla, elemosina i particolari e se non ne trova piuttosto li inventa, pur di parlarne. Come mai si prova questa morbosa soddisfazione nello spettegolare? Dopo si sta meglio? No, credo proprio che sia un’altra di quelle gioie apparenti di cui parlavo qualche post fa. E’ una consolazione, ma, tornando alla tesi di prima, riscopro che ci sarebbero molte meno ansie se ci si aiutasse invece che stare lì a cianciare. Anche perché chi chiacchera è sicuramente il centro di altre chiacchere, e questo non dà certo una sensazione di tranquillità.
Viviamo 24 ore al giorno di forzature. Non ci è permesso di essere spontanei e noi non lo permettiamo agli altri. Autocontrollarsi, non sgarrare, non sbilanciarsi, guardarsi continuamente dietro le spalle perché chiunque può osservarci e giudicare. E nello stesso tempo essere noi stessi gli occhi dietro le spalle degli altri e giudicare giudicare giudicare. Si giudica ancor prima di formulare un pensiero. E bastano due persone a compiere questo lavoro per far diventare questo giudizio una verità. Che modo di vivere è questo?

Ho passato un’infanzia e una pre-adolescenza sommerse da valanghe di pregiudizi e di chiacchere sulle vicissitudini della mia famiglia. Nessuno ha mai pensato all’amore che, nonostante tutto, con grande forza era presente ma tutti hanno solo giudicato e commiserato, talora con veleno, talora con un viscido buonismo. E al funerale di mia madre la chiesa era stracolma di gente, gente che neanche conoscevamo. Che modo di vivere è questo?
Non sono solita comunicare faccende così intime, ma questa questione mi sta molto a cuore e volevo fosse chiaro fino in fondo.

Sono una persona felice, ed ho incominciato ad esserlo soltanto quando mi sono liberata da tutto questo ed ho cominciato a vivere le cose come sono, senza fronzoli, senza chiacchere, senza falsità. E vi assicuro che tutti questi veli offuscano realmente la vista e ci impediscono di notare dei particolari che ci cambierebbero la vita.