lunedì 24 novembre 2008

E come il vento ci sarai

Eccoci colti alla sprovvista da un nuovo, vorticosissimo vento... Uno dei modi più estroversi della natura di contattarci e che allo stesso tempo viene maledetto da un sacco di persone. Un pò per gli scompensi che crea nei nostri sentimenti, un pò perché ci scombina la ritmata quotidianità, un pò perché, talvolta, crea anche danni gravi ed è causa di tragedie (come se fosse meno tragico il male che facciamo noi alla natura che a parer nostro non soffre).
Mentre camminavo senza quasi poter respirare mi è arrivata una pignata in faccia. Per un attimo il male mi ha fatta quasi imprecare, ma poi mi sono illuminata ed d'improvviso era tutto chiaro. La natura mi ha schiaffeggiata per dirmi: "Sveglia! Agisci!". E tenta di dirlo a tutti ogni volta che si fa così aggressiva.
Vento... Impetuoso messaggero che non si può non sentire, che sbatte le porte, che spinge indietro o fa balzare in avanti, porta scompiglio nell'ordine, fa mancare il fiato, muove le acque, ulula e soffia.
Porta il cambiamento che non si può ignorare. E chi fa finta di non sentirlo e non sente ciò che il vento porta e non si lascia portar via, quando il vento cessa si trova inevitabilmente in una melma appiccicosa, nel disordine e disorientamento più inauditi e la sua vita non consisterà in null'altro se non nel passare i giorni a mettere in ordine ciò che il vento ha fatto crollare. No. Quando il vento butta giù qualcosa, significa che quel qualcosa ha fatto il suo tempo ed occorre abbandonarlo per costruire il nuovo. Essere dinamici. Cambiare obiettivi o trovare nuove vie per raggiungerli. Ed il vento ne propone sempre. Tante volte ci sembra che questa vita e le nostre sole forze non ci basteranno per arrivare dove vogliamo. Ed è proprio per questo che esiste il vento. Se davvero ce la stiamo mettendo tutta (e lui lo sa) ad un tratto ci farà compiere un grande salto in avanti, oppure ci farà cambiare direzione se avevamo preso quella sbagliata e stavamo stagnando nel non sapere più come fare. Seguirlo, fiutarlo, fidarci. Lui non ci tradirà.
E' vero, è forte, fastidioso, ci dà l'impressione che ci farà cadere da un momento all'altro, fa perdere l'equilibrio. Ma qual è il senso dell'equilibrio se non quello di essere dinamico? A cosa serve stare in equilibrio e star fermi? A far vedere quanto siamo bravi a stare in piedi? E chi ci guarda? Il bello dell'equilibrista è che riesce a stare in piedi tra mille peripezie e poi va avanti.
E allora impariamo l'equilibrio del vento, smettiamo di volerci per forza ancorare alla terra, facciamolo soffiare dentro, essere parte di noi, consideriamo che spesso e volentieri arriva a liberare il sole dalle nuvole. Essere pronti a distruggere le certezze (che sono soltanto apparenza) guardando avanti. Giocare con il nuovo, comprenderlo, renderlo nostro fino a quando non ci sentiremo davvero arricchiti e poi lasciarlo andare in quanto ormai sarà vecchio per noi ma ancora nuovo per qualcun altro.
Non senza respiro ma avvolti nell'immenso respiro della natura che ci svincola corpo e mente dalla forza di gravità... E l'orizzonte non si vede meglio quando si è in volo?
Manuci

martedì 18 novembre 2008

E d'oro e d'argento splendevano i doni, ma gli occhi eran freddi e non erano buoni


15 Novembre. Operai nella mia via qui a Torino incominciano a montare le luci natalizie... E pian piano si vedono i negozi addobbati e i primi auguri di buone feste... Feste... Quelli della mia generazione ricorderanno benissimo che quando eravamo piccoli fino all'8 di Dicembre non si vedeva nulla. Ora si sente un brusio diffuso che si lamenta a bassa voce del fatto che, forse, è un pò troppo presto... Ma mai troppo forte perché in realtà, a parte quel pezzetto di popolazione che sente doveroso risparmiare energia e promuove iniziative come "M'illumino di meno", in realtà è questo che si vuole. Dà sollievo il clima di festa, distrae (oltre a ricordare che è tempo di spendere per addobbi e regali così come vogliono i commercianti, ma questo è un altro paio di maniche).
La gente è profondamente triste. E così si inventa feste nuove (non ricordo che qui in Italia si sia mai festeggiato Halloween fino a quando non ho avuto circa 13-14 anni) o cerca di allungare il più possibile quelle esistenti. Non c'è una pausa, non vogliamo tornare alla realtà, triste, priva di consolazioni, piena di disgrazie, di ansie, che ci fa sentire inconcludenti e abbandonati. Abbiamo bisogno di un pretesto esterno, di una distrazione. Esattamente come un alcolista, il principio è lo stesso. Non siamo capaci di essere felici senza l'apporto di un pretesto esterno, accendere un fuocherello di gioia dentro che si mantiene vivo nonostante tutto, autonomo e che ci darebbe una grande forza.
Quest'ubriachezza, questa felicità apparente ci rende ancora più vulnerabili e quindi prede ideali in balia di tutti coloro che ci vogliono alla loro mercé e che ci gettano dei contentini dall'alto che noi, privi di speranza, accogliamo come se fossero necessari, come uccellini che spalancano la bocca al cielo, certi che la madre (unica entità che conoscono e di cui si possono fidare) li farà sopravvivere.
E al contempo, le stesse feste perdono il loro valore ed il loro significato. Sono confuse in una lunga ebbrezza generale e drogante e ormai non hanno più quasi senso di esistere. Proprio il Natale ne è un grande esempio. Per quanto io sia contraria al senso di base di questo tipo di festa (usare una data fittizia, per assoluto caso vicina a quella fissata per il Capodanno, per festeggiare la nascita di un uomo "come dio passato alla storia", con oltretutto una tipologia di nascita analoga ad un libro fantasy spinto, quando la cosa è assolutamente irrilevante per il cristianesimo in sé e gli apostoli non lo festeggiavano di certo) resta comunque il senso della tradizione, il fascino dell'atmosfera e un momento per il ritrovarsi nel calore famigliare (per quanto anche quest'ultima cosa spesso e volentieri sia di un'ipocrisia inaudita). Ma anche questo senso va a perdersi. Quelle atmosfere caratteristiche sono annacquate e finiranno per disciogliersi completamente. Forse già i nostri nipoti non sapranno più il vero motivo per cui si festeggia e saremo tutti travestiti di finta gioia fuori ma inevitabilmente marci dentro, perché in questo modo non affrontiamo né risolviamo le nostre angosce ma permettiamo loro di divorarci senza accorgercene.






lunedì 10 novembre 2008

Dal sogno alla vita

La vita cambia e mi entra più forte. E i sogni si plasmano su questo. Il sogno forse più banale o il migliore, trovarsi scalzi in un bosco all’imbrunire e correre correre correre. E’ davvero un sogno banale ma non l’avevo mai fatto. Che banale, meravigliosa sensazione… C’era un gran vento, e il bosco potrebbe inquietare, ma invece era parte di me, e il vento correva con me ed io mi sono accorta di non avere la scarpe e che non me ne importava nulla. Sogno sintomatico e somatico. Ho fatto tanti bei sogni sempre carichi d’emozione e di desiderio, ma questo è stato il migliore in assoluto, non era emozione forte e turbinosa, era puro sangue e respiro libero, correre senza stancarsi e ridendo a fianco agli alberi saggi che vivono staticamente e dinamicamente allo stesso tempo. E osservano la vita e la assorbono e parlano delle infinite vite che hanno assorbito come spugne. E non è una metafora, perché se li tocco io sento come una scossa… Questo non è sogno, toccare la corteccia, accarezzarla fa circolare qualcosa dentro, tremare in questa insolita comunicazione senza eguali, tremare fino a sentire una vera e propria sensualità, immedesimarsi e fondersi in quel legno vivo (vivo di sua propria vita e vivo in quanto contiene mille vite) fino a toccare l’apice in un fremito imparagonabile ma comunque analogo al fremito di due corpi che si amano e che, amandosi, raggiungono il culmine della salvifica pienezza rivelatrice, che ti disillude affinché tu la smetta di pensare, almeno per un attimo, che siamo singoli e autonomi nella molteplicità ma bensì un tuttuno necessario a se stesso, una cosa sola con l’altro, che sia corpo umano, albero o qualsiasi altra cosa. Che da soli siamo contingenti, che fusi in un’unica pangea di piacere siamo necessari, annullandoci ma diventando il tutto, ecco l’unico assoluto possibile. Ecco l'unico vero senso.
E quando un albero cade, lento e inesorabile, con in successione il rumore delle fronde a contatto con l'aria e poi quel tonfo contro la terra (che è la stessa madre di quell'albero, figlio che cade in seno alla madre), come la fucilazione di un gigante... Quando un albero cade, e sembrava che invece sarebbe stato immortale, rispetto alle nostre piccole vite, c'è qualcosa che inevitabilmente si rompe dentro. Qualcosa di inquietante accade dentro l'anima degli stessi che
l'hanno fatto cadere, perché niente e nessuno, né guerre, né dittature, né artifici che tentano di distruggere l'armonia della natura, né sofferenza possono cancellare il nostro legame con la terra, la nostra dipendenza dalla terra, che è nostra origine, nostro nutrimento e nostra fine.

Manuci

sabato 8 novembre 2008

Ottava ora della notte



Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di questo abbraccio e non chiedere altro perché la sua vita è solo sua e per quanto tu voglia, per quanto ti faccia impazzire, non gliela cambierai in tuo favore. Fidarsi del suo abbraccio, della sua pelle contro la tua, questo ti deve essere sufficiente, lo vedrai andare via tante altre volte e poi una volta sarà l'ultima, ma tu dici: "Stasera, adesso, non è già l'ultima volta?" Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quando ti cerca in mezzo alla folla, fidarsi del suo addio, avere più fiducia nel tuo amore anche se non gli cambierà la vita. Fidarsi dei suoi baci, della sua pelle quando sta con la tua pelle. L'amore è niente di più. Sei tu che confondi l'amore con la vita.
Pier Vittorio Tondelli
"Biglietti agli amici"

mercoledì 5 novembre 2008

La Madonna piange sangue


Non ho diritto anch'io al godimento?
A scorgere alla meta l'abbondanza?
ogni meriggio per gli altri ha un evento.
Voglio anch'io far parte della danza!

Vorrei vendere smog in bottiglia
nei boschi cogliere atomici funghetti
inciampare nella meraviglia
di cadaveri quasi perfetti.

Vorrei di un prete il deviato amore
ma può tentarlo anche il mio medico
purché questi mi conceda l'onore
di partorire un figlio transgenico.

Vorrei mirar sublimi paesaggi
privi della tediosa aria pura
fumi colorati esaltano i villaggi
e le distese immense di spazzatura.

Sogno un amore di silicone
come re Mida morire per l'oro
dei mutilati sentir la canzone
mentre perisco sul posto di lavoro.

Un'arma a mio figlio regalerei
ma vera, non solamente somigliante
ed anche i poveri aiuterei
con del mio piatto un avanzo fragrante.

Ma nulla di ciò posso desiderare
son condannata al mio piedistallo,
perfino il papa si può consolare
facendo talvolta evirare un fallo.

Questa folla comprende quanto dolore
la mia condizione al mio cuore reca?
Con occhi sbarrati e un vago pallore
mi osserva piangere sangue in una teca.

Manuci