lunedì 26 gennaio 2009

Brindisi

Comprendo assai bene quello che dici
non è proprio facile essere felici
eppure durante la guerra mondiale
dentro gli spazi in cui la vita non vale
quando perfino una carezza fa male,
laggiù ho trovato qualcosa da fare:
ho trovato momenti per fermarsi e brindare.

 E allora brindiamo ad ogni giorno
che ci bagna e ci asciuga e ci gira intorno.
Brindiamo al freddo e al caldo torrido
che non ci lasceranno accomodare nel morbido.
Brindiamo alla terra e al suo perfido gioco
di girare ora troppo, ora troppo poco.
Brindiamo all’ironia che c’è al funerale
di qualcuno che è morto in maniera anormale.
Brindiamo alla carcassa marcia della guerra
che nel fosso dietro casa puntualmente si sotterra.
Brindiamo alla vita che non avrà fine
finché il corpo alla natura farà da concime.
Brindiamo al veleno nel midollo del cuore
che pulsa ma ormai non dà più dolore.
Brindiamo all’utopia da qui dovremmo guarire
ma non ci dà la forza di non lasciarci morire?
Brindiamo a ciò che vede il cieco, a ciò che sente il sordo
ai passi dello zoppo, a chi di botte è ingordo.
Brindiamo anche all’amore, ma solo quello che fa male
quando un bacio per uno è vita e per l’altro è normale.
Brindiamo al Dio degli atei, che tanto so che esiste
brindiamo al comminare che stanca ma persiste.
Brindiamo a tutto quello che meno ci conviene
a tutto il sangue sporco che scorre nelle vene.

Non so precisamente cosa c’è in questo bicchiere,
se vino, anestetico o succo di tristezza
ma se tu unisci a me sarà un gran piacere
alzare questo calice e goderne l’ebbrezza.

Manuci

martedì 20 gennaio 2009

Come stai? Come d'autunno gli alberi le foglie


Trovo che la cultura occidentale renda la gente oltremodo autolesionista. Si parla con una certa commiserazione dei kamikaze ma non ci si rende conto di quanto noi ci logoriamo rendendoci morti prima ancora di morire, tutto per essere fedeli a principi culturali annichilenti, cosa che non è affatto migliore dell'essere fedeli in modo così estremo ad una religione. Sono entrambe strade sbagliate che portano alla distruzione dell'io.

Nel nostro caso, si parte già dalla quotidianità con il logorio. Quando si incontra qualcuno che si conosce ma con cui non si ha molta confidenza e scatta il: "Come stai?" non perché alla persona importi seriamente, ma perché bisogna per forza dire qualcosa. Ma in realtà non si ha affatto voglia di parlare e allora si spera che l'altra persona risponda "Bene e tu?" per non dover fare altre domande. Già, perché se stai bene nessuno ti chiede: "Perché stai bene?", come se il bene fosse una condizione di normalità rispetto al male. Tutta una catena di non sensi che sono assolutamente quotidiani. Sentiamo il peso del silenzio e dobbiamo per forza parlare ma poi cerchiamo le gabole per non parlare troppo. Quando invece il discorso si fa continuativo perché, sfortunatamente per noi, l'altro ha voglia di parlare e quindi ci risponde "Non tanto bene" oppure "Eh, hai visto che tempo?" ecco che scattano i discorsi futili che affaticano le corde vocali e rubano ossigeno per niente. Il tempo, i giovani d'oggi, oppure (questo più nel caso delle persone anziane) il reciproco elenco delle proprie disgrazie e vince chi c'è l'ha più lungo.
Sarò io in realtà ad avere dei problemi... Faccio una fatica abnorme a parlare del più e del meno perché credo che in fondo la vita sia corta non ci si possa permettere di sprecarla con simili futilità. E fatico anche a chiedere: "Come stai?" o a rispondere. Solitamente, quando capisco che me ne importa realmente dello stato d'animo di una persona le chiedo: “Sei felice?” ed ho notato che questo colpisce molto le persone, non tanto per la diversa formulazione, quanto perché colgono che sono state davvero prese di mira nel profondo e che hanno davanti qualcuno a cui sta a cuore la loro felicità. Ci renderebbe tutti più sereni e meno ansiosi mettere al bando questa forma particolare di ipocrisia, non parlare per forza se non si ha voglia, e non considerare un maleducato l'altro se non si comporta in un certo falso modo.

Quando invece la gente ha una gran voglia di parlare, in questo tripudio di non senso c’è il grande argomento dei pettegolezzi e delle disgrazie altrui. E’ incredibile. Spesso non ci importa nulla di ciò che sente la persona che sta di fronte a noi, mi in compenso sappiamo fin nei minimi dettagli (anche se ciò non significa che sappiamo la verità) ciò che succede agli altri, com’è la loro vita, la loro famiglia e cosa provano quando succede loro qualche cosa di brutto. E più la cosa è triste, più la gente ne parla, elemosina i particolari e se non ne trova piuttosto li inventa, pur di parlarne. Come mai si prova questa morbosa soddisfazione nello spettegolare? Dopo si sta meglio? No, credo proprio che sia un’altra di quelle gioie apparenti di cui parlavo qualche post fa. E’ una consolazione, ma, tornando alla tesi di prima, riscopro che ci sarebbero molte meno ansie se ci si aiutasse invece che stare lì a cianciare. Anche perché chi chiacchera è sicuramente il centro di altre chiacchere, e questo non dà certo una sensazione di tranquillità.
Viviamo 24 ore al giorno di forzature. Non ci è permesso di essere spontanei e noi non lo permettiamo agli altri. Autocontrollarsi, non sgarrare, non sbilanciarsi, guardarsi continuamente dietro le spalle perché chiunque può osservarci e giudicare. E nello stesso tempo essere noi stessi gli occhi dietro le spalle degli altri e giudicare giudicare giudicare. Si giudica ancor prima di formulare un pensiero. E bastano due persone a compiere questo lavoro per far diventare questo giudizio una verità. Che modo di vivere è questo?

Ho passato un’infanzia e una pre-adolescenza sommerse da valanghe di pregiudizi e di chiacchere sulle vicissitudini della mia famiglia. Nessuno ha mai pensato all’amore che, nonostante tutto, con grande forza era presente ma tutti hanno solo giudicato e commiserato, talora con veleno, talora con un viscido buonismo. E al funerale di mia madre la chiesa era stracolma di gente, gente che neanche conoscevamo. Che modo di vivere è questo?
Non sono solita comunicare faccende così intime, ma questa questione mi sta molto a cuore e volevo fosse chiaro fino in fondo.

Sono una persona felice, ed ho incominciato ad esserlo soltanto quando mi sono liberata da tutto questo ed ho cominciato a vivere le cose come sono, senza fronzoli, senza chiacchere, senza falsità. E vi assicuro che tutti questi veli offuscano realmente la vista e ci impediscono di notare dei particolari che ci cambierebbero la vita.

giovedì 8 gennaio 2009

Il cielo è bianco anche di notte

Il cielo è bianco anche di notte.

Ogni persona cammina in modo strano e goffo, dando forma a quei pochi momenti in cui, davvero, possiamo finalmente vederci tutti sostanzialmente allo stesso livello, in modo palese ed esilerante, tra vergogna dei superbi e trionfo dei perenni vergognosi.

Alla fermata del 18 c'è un gran gruppo di giovani, uomini e donne, che spalano la neve dal marciapiede e spargono il sale. Sono tutti negri.

Ogni volta che incontro un musicista, c'è qualcosa che mi esplode dentro.

Ho una gatta che si chiama Janis (si legge "Genis" mettetevelo in testa disgraziati) che non ha paura dell'acqua e che ama moltissimo i luoghi alti e il bidet. Ah, in questo momento sta bevendo il mio tè.

Se cercate il mio nome e cognome su facebook e lo trovate, beh, sappiate che non sono io.

L'unica persona che è riuscita a darmi un'approssimativa idea del motivo per cui il grattacielo si chiama grattacielo e non toccacielo è stato un cileno. (E non è Carlos, lui è un falso cileno).

Con Ruggy ho scoperto che il contrario di "latte detergente" è "sporco negro", ma solo se lo dici con l'accento piemontese.

Credo che il mio amico consigliere Stefano (niente cognomi per la sporca privacy) si stia sempre di più allontanando da se stesso e forse per questo non entrerà in parlamento. O forse verranno tempi migliori e allora ci entrerà ma poi torneranno tempi peggiori e farà la fine di Matteotti (toccati pure Ste, ma rifletti sul fatto che saresti un eroe! E già adesso credo ci sia gente che ha il tuo poster in casa).

Forse l'unico problema di un condominio sono i vicini quindi ognuno potrebbe sopprimere i propri vicini.

Le persone che hanno la fama più sfaccettata e contraddittoria al mondo sono: Mao, Castro, Mussolini, Ligabue, mio padre, il mio padrone di casa, il mio organo sessuale. 

Fate attenzione a me perché sono doppia e dico un sacco di balle, e anche se non lo faccio per convenienza né per nascondere qualcosa (in quei casi anzi tendo troppo a dire la verità) ma per puro divertimento, la cosa potrebbe prima o poi causare qualche danno.

...para sacarlo otra vez y colocarlo en mi pecho.

I cani hanno la febbre tutto l'anno, ma loro no lo sanno e stanno bene.

Spero proprio di riuscire a dare qualcosa a tutti voi, perché spessissimo ho l'impressione di ricevere molto e di dare poco o niente.

Io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai, amore che vieni, amore che vai...